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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia12 January 2023

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Per arginare l'aumento del costo del lavoro possibile ricorso al part-time concordato."

L’assenza per malattia oncologica esclusa dal periodo di comporto
Anche se il CCNL applicato al rapporto di lavoro non prevede di escludere le assenze riconducibili a terapie oncologiche dal calcolo del periodo massimo di malattia, una lettura costituzionalmente orientata impone di escludere le predette assenze dal calcolo del periodo di comporto. Per soddisfare il diritto alla salute garantito dall’art. 32 della Costituzione, la norma del CCNL che prevede di escludere dal comporto le assenze dovute a fecondazione assistita va estesa ai giorni di astensione dal lavoro riconducibili ad una malattia oncologica. Sulla scorta di queste considerazioni è stato annullato il licenziamento intimato ad una portiera di stabile condominiale, con diritto della lavoratrice alla reintegrazione sul posto di lavoro e al versamento di un indennizzo risarcitorio di nove mensilità.
Trib. Roma, 02/01/2023 n. 9384

Stop al certificato di parità di genere se non concessi i congedi obbligatori
Il certificato di parità di genere non può essere rilasciato al datore di lavoro che viola specifiche previsioni del Decreto Legislativo 30.06.2022 n. 105 in materia di equilibrio tra lavoro e vita familiare. Il riferimento è, in particolare, ai datori di lavoro che ostacolano i lavoratori nella fruizione del congedo di paternità obbligatorio (10 giorni lavorativi al padre lavoratore per ciascun figlio, con indennità al 100%) nei due anni precedenti alla richiesta del certificato. L’INPS prevede espressamente che, se il datore non concede il congedo di paternità alternativo a quello della madre, alla sanzione amministrativa si affianchi, se la violazione è avvenuta nei due anni precedenti, l’impossibilità di ottenere il certificato di parità di genere. L’impossibilità di riconoscere il certificato si applica anche in caso di mancata concessione del permesso retribuito di tre giorni per decesso o documentata infermità del coniuge (o convivente) e del congedo biennale non retribuito per gravi motivi familiari.
INL, Nota 06/12/2022 n. 2414

Risarcimento danni per licenziamento illegittimo anche senza estromissione dal posto di lavoro
Il risarcimento del danno per la illegittimità del licenziamento spetta anche nel caso in cui il datore di lavoro non abbia risolto il rapporto di lavoro a seguito del provvedimento di recesso. Il licenziamento era stato annullato dal giudice e aveva comportato la condanna al risarcimento dei danni, che la Cassazione ha confermato anche se, in relazione al predetto licenziamento, non era stata disposta l’interruzione del rapporto. Il licenziamento si perfeziona, infatti, con il ricevimento della relativa comunicazione da parte del lavoratore e questa condizione, se il recesso datoriale risulta illegittima, è sufficiente per rivendicare il risarcimento del danno, a prescindere dalla mancata effettiva interruzione del rapporto di lavoro.
Cass. 30/12/2022 n. 38183

Con ordine di reintegrazione diritto alle stesse mansioni prima del licenziamento
La sentenza che dispone la reintegrazione del dipendente pubblico illegittimamente licenziato nel posto di lavoro ricoperto prima della sanzione espulsiva comporta il diritto del lavoratore alla reintegrazione nelle stesse funzioni e nello stesso ruolo precedentemente ricoperti. È irrilevante che, nel frattempo, le funzioni ricoperte dal dipendente licenziato siano state attribuite ad un altro responsabile. L’ordine di reintegra passato in giudicato costituisce la “sanzione unica” a fronte del licenziamento illegittimo e la mancata ricostituzione del vincolo contrattuale nelle stesse funzioni ricoperte dal dipendente prima del licenziamento costituisce inadempimento datoriale e inottemperanza all’ordine giudiziale. Deve essere, quindi, accolta la domanda del dipendente di essere reimmesso nelle responsabilità svolte prima del licenziamento.
Cass., (ord.) 17/12/2022 n. 37040

Intercettazioni telefoniche raccolte nelle indagini preliminari e validità del licenziamento disciplinare
Le intercettazioni telefoniche acquisite nelle indagini preliminari possono essere poste a fondamento di un provvedimento disciplinare espulsivo, se da esse risulta un comportamento del dipendente incompatibile con la prosecuzione del rapporto di lavoro. Né ha rilevanza che le intercettazioni telefoniche non fossero ancora passate al vaglio di legittimità del processo penale, in quanto il giudice del lavoro può fondare il proprio convincimento sugli atti raccolti nell’ambito delle indagini preliminari. L’unica condizione da soddisfare perché le intercettazioni telefoniche siano utilizzate nel procedimento disciplinare ex art. 7 dello Statuto dei Lavoratori risiede nella verifica che esse siano state disposte nel rispetto delle norme costituzionali e procedimentali.
Cass, (ord.) 15/12/2022 n. 36861