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Comunità Energetiche Rinnovabili, cercasi risposte definitive: gli spazi per l’autonomia privata ed il ruolo delle grandi imprese6 March 2023

Sembra ormai giunto al termine l’iter di approvazione del decreto del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica chiamato a disciplinare gli incentivi per le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) e le altre configurazioni di autoconsumo. La proposta, secondo le risposte del ministro Pichetto Fratin all’interrogazione parlamentare del 23 febbraio, è pronta e in attesa esclusivamente del via libera della Commissione Europea.

Gli incentivi, per i quali spetterà al GSE un ruolo di gestione, si muoveranno essenzialmente lungo due principali direttrici:

  • Tariffe agevolate: gli associati alle CER potranno ottenere tariffe incentivanti sulla quota di energia condivisa da impianti a fonti rinnovabili, con una componente variabile più elevata per gli impianti più piccoli secondo un sistema a scaglioni;
  • Contributi a fondo perduto: per le CER costituite (o potenziate) nei comuni con meno di cinquemila abitanti, è prevista la possibilità di richiedere un contributo a fondo perduto a copertura dell’investimento fino al 40%.

A qualche anno dal recepimento della normativa comunitaria in materia, avvenuto in via transitoria con l’art. 42-bis del Decreto Milleproroghe 162/2019 e con il successivo d.Lgs. 199/2021, l’istituto sembra, quindi, essere giunto ad un decisivo momento di svolta.

A dimostrazione del fermento sul tema, già lo scorso 27 dicembre 2022, l’ARERA ha adottato un nuovo Testo Integrato sull’Autoconsumo Diffuso (“TIAD”), con l’obiettivo di aggiornare la disciplina sugli incentivi all’autoconsumo diffuso di energia elettrica realizzato (anche) nell’ambito delle Comunità Energetiche.

Rispetto alla precedente deliberazione 318/2020/R/eel, il TIAD presenta definizioni univoche per tutte le varie configurazioni di autoconsumo diffuse, con un rinvio, per quanto riguarda le CER alla disciplina dettata dall’art. 31, d.lgs. 199/21.

L’istituto, come è noto, si caratterizza per un ampio rinvio all’autonomia privata, sia nella scelta della forma giuridica che la CER potrà assumere, sia nella regolamentazione dei rapporti interni tra i membri della medesima.

Ripercorrendo la storia dell’istituto, troviamo l’unico effettivo tentativo di definizione nella Direttiva (UE) 2018/2001, nota come RED II (Renewable Energy Directive II), nei termini che seguono:

soggetto giuridico: a) che […] si basa sulla partecipazione aperta e volontaria, è autonomo ed è effettivamente controllato da azionisti o membri che sono situati nelle vicinanze degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili che appartengono e sono sviluppati dal soggetto giuridico in questione; b) i cui azionisti o membri sono persone fisiche, PMI o autorità locali, comprese le amministrazioni comunali; c) il cui obiettivo principale è fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità […], piuttosto che profitti finanziari”.

I caratteri essenziali dell’istituto consistono dunque (i) nella soggettività giuridica della CER, che si configurerà come un soggetto autonomo rispetto ai suoi membri e (ii) nella prevalenza degli obiettivi ambientali, economici o sociali rispetto a quelli lucrativi.

In questo contesto, il nuovo TIAD ribadisce, ai fini dell’accesso ai servizi di incentivazione, inter alia, che:

  1. l’esercizio dei poteri di controllo (da intendersi in senso civilistico sulla base delle indicazioni dell’art. 2359 cod. civ.) di una CER faccia capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali;
  2. la partecipazione alla Comunità Energetica non costituisca l’attività commerciale e industriale principale delle imprese private. Per il soddisfacimento di tale requisito, secondo le “Regole Tecniche” dettate dal GSE, è necessario che il codice ATECO prevalente delle imprese private sia diverso dai codici 35.11.00 e 35.14.00, che individuano rispettivamente le attività di produzione e vendita di energia;
  3. l’energia elettrica immessa ai fini della condivisione deve essere prodotta da impianti di produzione entrati in esercizio successivamente alla data di entrata in vigore del d. lgs. 199/2021, o, se entrati in esercizio prima della predetta data, con potenza non superiore al 30% del totale facente capo alla comunità. Interessante rilevare che, per il rispetto di tale condizione, si considerano anche gli impianti di produzione gestiti da produttori terzi, purché l’energia immessa in rete risulti nella disponibilità e controllo della comunità stessa.

Il ruolo dell’autonomia privata, pertanto, sarà determinante nella configurazione di una CER.

Permangono tuttavia ancora alcuni dubbi sui limiti alla stessa che, nella speranza degli operatori, saranno chiariti dal decreto ministeriale o, successivamente, da linee guida del GSE.

Con riferimento, ad esempio, alla forma giuridica di una CER, l’allegato A alla Delibera 318/2020/R/eel dell’ARERA elenca, a titolo esemplificativo, le forme giuridiche che può assumere la CER: associazione, ente del terzo settore, cooperativa, cooperativa benefit, consorzio, partenariato, organizzazione senza scopo di lucro. Si tratta di configurazioni accomunate dalla non prevalenza (quando non proprio dall’assenza) dello scopo lucrativo. In modo ancor più netto, in una memoria presentata in Senato nel 2019, l’ARERA definiva chiaramente le CER come “una sorta di autoconsumatore/aggregatore no-profit”, escludendo in più passaggi lo scopo di lucro. Nonostante tali indicazioni, non mancano alcune voci che aprirebbero alla costituzione di CER anche per mezzo di veicoli societari “misti” (società benefit, impresa sociale), in attesa di una chiara presa di posizione da parte delle autorità. La lettera della norma primaria sembrerebbe non escludere tale possibilità, facendo riferimento ad un criterio di prevalenza (e non di esclusività) dell’obiettivo non lucrativo.

Sarebbe, invece, rimessa interamente all’autonomia privata la gestione interna dei rapporti tra i membri della CER. Tuttavia, la scelta della forma giuridica condizionerà anche la regolamentazione delle relazioni tra i suoi membri, poiché alcune fattispecie consentiranno alle parti maggiore libertà nella configurazione della governance interna rispetto ad altre (si pensi ad esempio alla flessibilità che potrebbe garantire il contratto di rete rispetto a forme più strutturate).

Quanto alla qualifica dei membri delle CER, il d. lgs. 199/2021 richiede che i poteri di controllo facciano capo esclusivamente a persone fisiche, PMI, enti territoriali o autorità locali, con l’ulteriore precisazione che, per le imprese private, la partecipazione alla comunità non può costituire l’attività commerciale e/o industriale prevalente. Uno dei punti che non risulta chiarito è se – al di là dei poteri di controllo che dovranno essere in capo a persone fisiche, PMI, enti territoriali e autorità locali – società di dimensioni maggiori possano essere membri di una CER.

La questione è di particolare delicatezza, in quanto sono sempre più numerosi i soggetti industriali e del mondo imprenditoriale (con forma di società di capitali non PMI) a manifestare interesse verso tali configurazioni innovative.

La definizione certa degli eventuali limiti all’autonomia privata nella realizzazione di una CER è al momento, quindi, uno degli aspetti chiave per incentivare il ricorso ad un istituto che potrà contribuire a supportare in maniera significativa il percorso di transizione energetica-

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