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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia5 June 2025

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo presuppone l’impossibilità di applicare il dipendente su altre funzioni presenti in azienda."

Chiarimenti dell’Ispettorato del lavoro sulle autorizzazioni ai sistemi di video sorveglianza
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) precisa che per gli impianti di videosorveglianza, o altri strumenti (es. di geolocalizzazione) da cui possa derivare un controllo a distanza dell’attività lavorativa, installati dall’impresa in più unità produttive situate nel territorio di competenza della stessa sede territoriale dell’INL, il datore può limitarsi ad una sola istanza di autorizzazione per tutte le sedi. Questa opzione, che semplifica la richiesta di autorizzazione quanto il datore non ha raggiunto l’accordo sindacale o non ha in azienda una RSU o RSA, è possibile anche se le unità produttive si trovano in province diverse, a condizione che facciano tutte riferimento al medesimo Ispettorato Territoriale del Lavoro (ITL). Le imprese con unità produttive dislocate nel territorio di competenza di più ITL possono scegliere se presentare un’unica istanza all’INL o più istanze separate a ciascuna ITL in cui sono presenti.
Ispettorato Nazionale del Lavoro, Circolare 26/05/2025 n. 4757

Illegittimo il licenziamento del lavoratore demansionato
È illegittimo il licenziamento della dipendente per soppressione del posto di lavoro, se questa misura fa seguito al precedente demansionamento cui la dipendente era stata sottoposta dal datore. Se è dimostrato che la posizione professionale occupata in azienda dalla dipendente era stata via via ridimensionata per effetto di un illecito demansionamento, il successivo licenziamento intimato quale effetto della decisione datoriale di sopprimere quella stessa posizione aziendale è illegittimo. La dipendente ha, in tal caso, diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro, in aggiunta al risarcimento dei danni.
Trib. Trieste 07/05/2025 n. 57

Il divieto di licenziamento in gravidanza prevale sul superamento del periodo di comporto
Il divieto di licenziamento nel periodo di gravidanza previsto dall’art. 54 del D.Lgs. 151/2001 opera anche rispetto al superamento del periodo massimo di malattia. Il divieto di licenziamento dalla gravidanza al compimento del primo anno di vita del bambino prevale, in questo senso, sulla normativa codicistica del periodo di comporto, né può attribuirsi rilievo alla previsione dell’art. 2110 del codice civile per cui il superamento del periodo di comporto legittima il recesso datoriale anche durante la gravidanza e il puerperio. Ove risulti lo stato di gravidanza della lavoratrice risultano, infatti, intatte le esigenze di protezione alla base del divieto di licenziamento previsto dall’art. 54, la cui funzione è di consentire che l’esperienza della maternità non sia intaccata dalle preoccupazioni connesse alla perdita del posto di lavoro. Il licenziamento per superamento del comporto durante la gravidanza della lavoratrice è, pertanto, nullo con conseguente reintegrazione in servizio e risarcimento danni.
Cass. (ord.) 07/05/2025 n. 12060

Discriminazione diretta dei caregiver e disapplicazione del CCNL
Costituisce un’ipotesi di discriminazione diretta vietata dall’ordinamento l’applicazione di una norma del CCNL applicato al rapporto di lavoro che ponga un lavoratore in una posizione di svantaggio rispetto alla generalità degli altri lavoratori a causa delle esigenze di cura familiare alle quali egli deve assolvere. In applicazione di tale principio, è discriminatoria – e deve essere, quindi, disapplicata – la norma del CCNL che esclude dal computo delle giornate di presenza utili al conseguimento del premio di risultato le giornate di permesso fruite dal lavoratore caregiver ai sensi della Legge n. 104/1992 per prestare assistenza al familiare disabile.
Trib. Milano, Giudice Dott. Atanasio, 16/05/2025

Rideterminazione unilaterale dell’orario di lavoro e licenziamento per giusta causa
Il datore di lavoro ha il potere di organizzare e conformare la prestazione lavorativa dei dipendenti. Nell’ambito di tale potere il datore di lavoro, nei limiti fissati dalle previsioni del contratto collettivo, può rideterminare unilateralmente la collocazione oraria della giornata lavorativa del dipendente sulla base di precise esigenze organizzative e di operatività aziendali. In tale ipotesi, il lavoratore che si rifiuti reiteratamente di rispettare la nuova collocazione oraria commette un illecito disciplinare sanzionabile con il licenziamento per giusta causa.
Cass. (ord.) 09/05/2025 n. 12305

Sanzione del Garante per illegittimo trattamento dei metadati delle e-mail e dei log di internet
I c.d. metadati di posta elettronica (es., indirizzi e-mail di mittente e destinatario, orari di invio e di ricezione, dimensione del messaggio, etc.) possono essere raccolti e conservati al fine di assicurare le più essenziali garanzie di sicurezza informatica per un periodo limitato a un massimo di 21 giorni. La conservazione per periodi più estesi presuppone la sottoscrizione di un accordo sindacale sui sistemi di controllo a distanza dei lavoratori (ai sensi dell’art. 4, Legge n. 300/1970), ovvero l’autorizzazione dell’ITL competente. L’accordo sindacale (o l’autorizzazione dell’ITL) sono necessari anche per la raccolta e conservazione sistematica dei file di log generati dall’utilizzo della rete internet da parte dei lavoratori, con la precisazione che in tale ipotesi l’accordo è sempre necessario e non si applica il termine di 21 giorni previsto per i metadati delle e-mail. Il trattamento dei metadati di posta elettronica e dei log internet in assenza dell’accordo sindacale (o dell’autorizzazione dell’ITL) è illegittimo e il datore di lavoro può essere sanzionato dal Garante per la Protezione dei Dati Personali.
Garante Privacy, Provvedimento n. 243/2025 pubblicato il 29/04/2025

Frasi indecorose a sfondo sessuale e licenziamento per giusta causa
La lavoratrice che in più occasioni esercita molestie verso un collega, apostrofandolo con “frasi indecorose e a sfondo sessuale”, per di più alla presenza di altri dipendenti in azienda, è responsabile di una condotta contraria ai valori basilari presenti nella realtà sociale e si rende autrice di una “intrusione nella sfera intima e assolutamente riservata della persona”. È irrilevante che la dipendente non abbia precedenti disciplinari, perché le molestie sessuali costituiscono, comunque, una condotta passibile di licenziamento disciplinare. Il Codice delle pari opportunità (Decreto Legislativo n. 198/2006) riconduce i comportamenti indesiderati sul piano sessuale tra le discriminazioni che hanno l’effetto di violare la dignità dei lavoratori, creando un clima degradante e offensivo. Inoltre, le moleste sessuali vanno valutate rispetto all’obbligo del datore (ex art. 2087 c.c.) di assicurare un ambiente di lavoro improntato al rispetto della dignità dei lavoratori e alla salvaguardia dei principi di eguaglianza e correttezza. È in applicazione di questi principi che va valutata la giusta causa del licenziamento.
Cass. (ord.) 22/05/2025 n. 13748

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