< Back to insights hub

Article

Decreto Rilancio – Le previsioni per la sicurezza sul lavoro29 May 2020

"L’Articolo 83 affianca all’ordinaria sorveglianza sanitaria dei dipendenti, prevista dall’Articolo 41 del D.lgs. n. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro), una sorveglianza sanitaria “eccezionale”."

Il 20 maggio 2020 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, cd. “Decreto Rilancio”, recante le “misure urgenti in materia di sostegno al lavoro e all’economia, nonché di politiche sociali connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”.

Con riferimento al tema, molto sentito dalle imprese, della sicurezza sul lavoro, va precisato preliminarmente che già il DPCM del 17 maggio 2020 aveva confermato l’obbligo per tutte le imprese esercenti attività produttive, industriali e commerciali di continuare a rispettare le misure previste dal protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro e il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del Covid-19 nei cantieri, sottoscritti il 24 aprile 2020 fra il Governo e le parti sociali, nonché il protocollo condiviso di regolamentazione per il contenimento della diffusione del Covid-19 nel settore del trasporto e della logistica del 20 marzo 2020 (si veda precedente briefing qui).

Tali obblighi pertanto permangono anche dopo l’entrata in efficacia del Decreto Rilancio.

In questo briefing analizziamo le nuove previsioni per la sicurezza sul lavoro.

DPI e Sorveglianza Sanitaria nel Decreto Rilancio

In particolare, poi, l’Articolo 66 del Decreto Rilancio, richiamando l’Articolo 16 del precedente Decreto Cura Italia (Decreto Legge del 17 marzo 2020, n. 18) chiarisce innanzitutto l’obbligo per tutti i lavoratori, sanitari e non, compresi i collaboratori domestici e familiari, che nello svolgimento della loro attività siano oggettivamente impossibilitati a mantenere la distanza interpersonale di un metro, in merito all’utilizzo delle mascherine chirurgiche reperibili in commercio e considerate dispositivi di protezione individuale.

Inoltre, l’Articolo 83 affianca all’ordinaria sorveglianza sanitaria dei dipendenti, prevista dall’Articolo 41 del D.lgs. n. 81/2008 (Testo Unico sulla Sicurezza sul Lavoro), una sorveglianza sanitaria “eccezionale”.

Mentre l’ordinaria sorveglianza sanitaria è rimessa alla valutazione di necessità del medico competente o alla richiesta del lavoratore, la nuova previsione anti contagio introduce come obbligatoria la previsione che i datori di lavoro pubblici e privati devono assicurare la sorveglianza sanitaria eccezionale dei lavoratori maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione di rischio derivante da immunodepressione, anche da patologia Covid-19, o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o comunque da comorbilità che possono caratterizzare una maggiore rischiosità.

Chiaramente, l’inidoneità alla mansione lavorativa eventualmente accertata non potrà, in ogni caso, giustificare il recesso del datore di lavoro dal contratto di lavoro.

"L’INAIL provvederà a trasferire ad Invitalia l’importo di 50 milioni di euro da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale."

Le misure di sostegno economico per la sicurezza sul lavoro

L’Articolo 77 del Decreto Rilancio richiama espressamente quanto già disposto dall’Articolo 43 del Decreto Cura Italia, prevedendo che, allo scopo di sostenere la continuità in sicurezza dei processi produttivi delle imprese, l’INAIL provveda a trasferire ad Invitalia l’importo di 50 milioni di euro da erogare alle imprese per l’acquisto di dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale.

La novità introdotta dalla previsione del Decreto Rilancio è l’estensione di tali benefici agli enti del cd. Terzo Settore, come definiti dal D.lgs. n. 117 del 3 luglio 2017, cioè le organizzazioni di volontariato, le associazioni di promozione sociale, gli enti filantropici, le imprese sociali, incluse le cooperative sociali, le reti associative, le società di mutuo soccorso, le associazioni, riconosciute o non riconosciute, le fondazioni e gli altri enti di carattere privato diversi dalle società costituiti per il perseguimento di finalità civiche.

Inoltre, l’Articolo 95 del Decreto Rilancio, al fine di favorire l’attuazione delle disposizioni previste dai richiamati protocolli, prevede specifiche misure di sostegno alle imprese. In particolare, l’INAIL promuove interventi straordinari destinati alle imprese, anche individuali, che hanno introdotto nei luoghi di lavoro, successivamente alla data di entrata in vigore del Decreto Cura Italia, interventi per la riduzione del rischio di contagio attraverso l’acquisto di:

• apparecchiature e attrezzature per l’isolamento o il distanziamento dei lavoratori, anche rispetto a terzi fornitori e utenti;
• dispositivi elettronici e sensoristica per il distanziamento dei lavoratori;
• dispositivi per la sanificazione dei luoghi di lavoro;
• dispositivi ed altri strumenti di protezione individuale.

Al finanziamento di tali misure saranno rivolti i fondi residui del Bando Inail “ISI” 2019, finalizzato ad incentivare le imprese all’adozione di piani e strumenti per la sicurezza sul lavoro, nonché gli aiuti di stato disciplinati dalla Comunicazione della Commissione Europea del 19 marzo 2020-C (2020) 1863-final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del Covid-19”.

Gli importi massimi da concedere saranno pari a:
• euro 15.000 per le imprese fino a 9 dipendenti;
• euro 50.000 per le imprese da 10 a 50 dipendenti;
• euro 100.000 per le imprese con più di 50 dipendenti.

Credito di imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro

L’Articolo 120 del Decreto Rilancio introduce un credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro. Il nuovo credito d’imposta è concesso nella misura del 60% delle spese ammissibili, fino ad un massimo di 80.000 euro per beneficiario, per le spese sostenute nel 2020 per gli investimenti necessari per l’adozione di misure legate alla diversa organizzazione del lavoro e all’adeguamento degli ambienti alle disposizioni anti-Coronavirus.

I beneficiari sono individuati nei soggetti esercenti attività d’impresa, arte o professione in luoghi aperti al pubblico in riferimento agli investimenti finalizzati a rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento del contagio.

Secondo quanto indicato nella relazione illustrativa del Decreto Rilancio, la platea dei soggetti possibili beneficiari del credito d’imposta comprende gli operatori con attività aperte al pubblico, come, bar, ristoranti, alberghi, teatri e cinema, nonché le associazioni, le fondazioni e gli altri enti privati, compresi gli enti del Terzo del settore.

Tra gli interventi agevolabili sono compresi:
• rifacimento spogliatoi e mense;
• realizzazione di spazi medici;
• realizzazione di ingressi e spazi comuni;
• arredi di sicurezza;
• investimenti di carattere innovativo e tecnologico per lo svolgimento dell’attività lavorativa e le apparecchiature per il controllo della temperatura dei dipendenti;
• ulteriori investimenti individuati con decreti del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro dello Sviluppo Economico.

Il beneficio è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo non porti al superamento del costo sostenuto, ed è utilizzabile in compensazione in 10 anni. Tale credito potrà anche essere ceduto ad altri soggetti, compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successiva cessione del credito.

Credito di imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione

L’Articolo 125 del Decreto Rilancio segue a quanto già introdotto con l’Articolo 64 del Decreto Cura Italia ed ampliato dall’Articolo 30 del Decreto Liquidità (Decreto Legge n. 23/2020), che vengono ora abrogati.

In particolare, la nuova previsione, al fine di favorire l’adozione di misure dirette a contenere e contrastare la diffusione del virus, stabilisce in favore dei soggetti esercenti attività d’impresa, arti e professioni, agli enti non commerciali, compresi gli enti del Terzo settore un credito d’imposta in misura pari al 60% delle spese sostenute nel 2020 per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale.

In particolare, all’incentivo fiscale sono ammesse le spese sostenute per:

• sanificazione degli ambienti di lavoro e della relativa strumentazione;
• acquisto di detergenti e dispositivi di protezione individuale e di sicurezza (mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione, calzari, termoscanner);
• acquisto di dispostivi atti a garantire la distanza interpersonale (barriere e pannelli protettivi).

Il credito d’imposta spetta fino ad un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario, nel limite complessivo di 200 milioni di euro per l’anno 2020 (contro i 50 milioni di euro messi stanziati dal Decreto Cura Italia per il precedente credito di imposta).

Il beneficio non concorre alla formazione del reddito né della base imponibile dell’IRAP e può essere utilizzato in modalità alternative:
• nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa;
• in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. n. 241/1997.

I chiarimenti dell’INAIL sulla responsabilità del datore nella prevenzione della salute dei dipendenti

Come noto, il datore di lavoro è responsabile della salute dei dipendenti sul luogo di lavoro ai sensi del (i) art. 2087 del codice civile, in base al quale il datore di lavoro deve adottare tutte le misure necessarie per proteggere l’integrità psico-fisica dei dipendenti e (ii) al Decreto Legislativo 81/2008.

L’Articolo 42, comma 2, del Decreto Cura Italia ha chiarito che l’infezione da Covid-19, come accade per tutte le infezioni da agenti biologici, se contratte in occasione di lavoro, è tutelata dall’Inail quale infortunio sul lavoro e ciò anche nella situazione eccezionale di pandemia causata da un diffuso rischio di contagio in tutta la popolazione.

Con la Circolare INAIL del 3 aprile 2020, n. 13 è stato chiarito che la tutela INAIL riguarda tutti i lavoratori assicurati con l’Istituto che abbiano contratto il contagio in occasione di lavoro e sono stati richiamati i principi che presiedono all’accertamento dell’infortunio nel caso delle malattie infettive, nelle quali è difficile stabilire il momento del contagio:

• deve essere considerata causa violenta di infortunio sul lavoro anche l’azione di fattori microbici e virali che penetrando nell’organismo, sempre che tale azione, sia in rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa;
• la prova dell’avvenuto contagio per motivi professionali si deve ritenere raggiunta quando, anche attraverso presunzioni, si giunga a stabilire che l’evento infettante si è verificato in relazione con l’attività lavorativa.

Questa presunzione semplice (che ammette sempre la prova contraria), presuppone comunque l’accertamento rigoroso dei fatti e delle circostanze che facciano desumere che il contagio sia avvenuto in occasione di lavoro.

Tuttavia, con la nuova Circolare INAIL del 20 maggio 2020 n. 22, l’Istituto chiarisce che è fondamentale non confondere i presupposti per l’erogazione di un indennizzo INAIL con i presupposti per la responsabilità penale e civile del datore, che devono essere rigorosamente accertati con criteri diversi da quelli previsti per il riconoscimento del diritto alle prestazioni assicurative.

In merito alle responsabilità civili e penali del datore di lavoro sarà infatti necessaria sia la rigorosa prova del nesso di causalità che quella dell’imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro. Il riconoscimento, cioè, del diritto alle prestazioni da parte dell’Istituto non può assumere rilievo per sostenere la responsabilità penale e civile del datore, tenuto conto che è sempre necessario l’accertamento della colpa di quest’ultimo nella determinazione dell’evento.

Anche la Suprema Corte è intervenuta a chiarire che “non può desumersi dagli obblighi di cui al citato Articolo 2087 C.C. un obbligo assoluto in capo al datore di lavoro di rispettare ogni cautela possibile e diretta ad evitare qualsiasi danno al fine di garantire così un ambiente di lavoro a “rischio zero”, quando di per sé il pericolo di una lavorazione o di un’attrezzatura non sia eliminabile “(Cass. n.3282/2020).

In tal senso precisa l’INAIL, la responsabilità civile e penale del datore di lavoro è ipotizzabile solo nel caso in cui questo realizzi una violazione della legge o di obblighi derivanti dalle conoscenze sperimentali o tecniche, che, nel caso dell’emergenza epidemiologica da Covid-19, si possono rinvenire nei protocolli e nelle linee guida governativi e regionali. La migliore protezione per il datore di lavoro resta, quindi, l’adozione rigorosa di tutte le misure di sicurezza previste, oltre al decreto legislativo 81/2008, dai richiamati protocolli condivisi del 20 marzo e del 24 aprile 2020, di cui alle vigenti disposizioni governative emanate a fronte dell’emergenza sanitaria.

Sulla stessa linea sembra altresì orientarsi il recente emendamento approvato dalle Commissioni riunite Finanze e Attività Produttive in sede di conversione del Decreto Liquidità, che se definitivamente implementato ribadirebbe che il rispetto dei protocolli per la sicurezza dei lavoratori garantirebbero il nucleo centrale cui il datore di lavoro deve essenzialmente tener conto ai fini delle proprie responsabilità.