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"Le tematiche ESG incidono sempre più sulla gestione dei rapporti di lavoro."
Licenziamento dei lavoratori di un punto vendita non richiede comparazione con altri negozi
Il licenziamento dei lavoratori determinato dalla chiusura di un punto vendita non impone la previa comparazione con i lavoratori degli altri punti vendita sul territorio nazionale in applicazione dei criteri di scelta dell’anzianità di servizio e dei carichi familiari. Se la chiusura è limitata ad uno specifico punto vendita e se il numero dei licenziamenti non comporta l’avvio di una procedura di licenziamento collettivo, il perimetro entro cui verificare i presupposti del licenziamento è limitato all’esercizio commerciale in chiusura. È irrilevante che in altri punti vendita siano assunti dipendenti con anzianità inferiore o senza carichi familiari, perché il datore non è tenuto, in tal caso, ad effettuare una previa comparazione con gli altri esercizi. L’obbligo di comparazione può porsi unicamente per il licenziamento collettivo (più di quattro licenziamenti in un arco temporale di 120 giorni), in cui l’apparato normativo è improntato all’esigenza di garantire il minore impatto sociale possibile alla riduzione di personale.
Trib. Messina (ord.) 06/03/2023, Giudice Bonanzinga
Danno risarcibile da <<superlavoro>>
Il danno da cosiddetto <<superlavoro>> si realizza quando il lavoratore è sottoposto per molti anni a turni e orari particolarmente intensi e prolungati, ben al di sopra della normalità. Il datore di lavoro è responsabile sul piano contrattuale per l’imposizione di condizioni di lavoro eccedenti la tollerabilità ai sensi dell’art. 2087 codice civile, norma che impone di adottare tutte le misure che, secondo le comuni tecniche di sicurezza, sono idonee a preservare l’integrità psico-fisica dei lavoratori. Per suffragare la domanda risarcitoria da superlavoro il lavoratore deve allegare di essere stato sottoposto a prestazioni che eccedono la soglia della tollerabilità e provare il nesso causale con l’infortunio subito. In tal caso, per escludere la propria responsabilità il datore di lavoro è chiamato a dimostrare che i carichi di lavoro erano, in effetti, congrui e rientravano nella norma, oppure che una causa diversa recideva il nesso causale con il rapporto di lavoro.
Cass. (ord,) 28.2.2023 n. 6008
Delega di funzioni per la gestione della sicurezza in azienda
Con la delega di funzioni prevista dall’art. 16 del Testo Unico per la tutela della salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. 81/2008) si trasferiscono specifici poteri dal datore di lavoro (inteso come datore di lavoro ai fini della sicurezza) verso altre figure professionali nella compagine societaria. La delega di funzioni è particolarmente efficace nelle strutture societarie complesse, perché consente una ripartizione equilibrata dei poteri decisionali e di spesa connessi alla funzione di datore di lavoro per la sicurezza. La delega di funzioni può essere trasferita a soggetti che a titolo originario sono privi dei poteri datoriali ex D.Lgs. 81/2008. La delega di funzioni non può, invece, essere ripartita fra soggetti che sono datori di lavoro per la sicurezza a titolo originario (ovvero: i componenti del consiglio di amministrazione), in quanto tra essi può essere unicamente adottato un modello organizzativo tale per cui i poteri decisionali e di spesa in materia di salute e sicurezza sono affidati alla gestione di uno o più tra i datori.
Cass. 27/02/2023 n. 8476
Risarcimento danni con cessione illecita dell’azienda
Il lavoratore di cui, a seguito di accertata illiceità del trasferimento di ramo d’azienda, sia stato ordinato il ripristino del rapporto di lavoro con la società cedente ha diritto al versamento delle retribuzioni per il periodo successivo alla pronuncia giudiziale. Invece, per il periodo ricompreso tra la data della (illegittima) cessione del ramo d’azienda e l’ordine giudiziale di ripristino alle dipendenze del cedente il lavoratore ha diritto al risarcimento dei danni. Il risarcimento dei danni è subordinato, in tal caso, alla previa costituzione in mora da parte del lavoratore, che deve mettersi a disposizione del datore cedente per la ripresa effettiva del rapporto. Dalla misura del risarcimento vanno, inoltre, dedotte le retribuzioni che il lavoratore ha percepito nel periodo intermedio per effetto di altra occupazione (c.d. “aliunde perceptum”).
Cass. 24/02/2023 n. 5796
Riposo continuativo giornaliero anche con due giorni di riposo settimanale
Tra una prestazione giornaliera e quella successiva devono intercorrere undici ore di riposo continuativo. Questo obbligo si accompagna all’osservanza di un giorno di riposo settimanale. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha precisato che, anche se la fruizione del giorno di riposo settimanale dura più di 24 ore, le undici ore di riposo continuativo tra una giornata di lavoro e quella successiva devono essere, comunque, osservate. I due periodi di riposo non sono sovrapponibili e la maggior durata, rispetto alle 24 ore di legge, del riposo settimanale non comporta una corrispondente riduzione delle undici ore di riposo continuativo giornaliere. La previsione del CCNL che dispone un riposo settimanale più favorevole – nel caso esaminato dalla Corte era di 42 e 48 ore – non può modificare il godimento effettivo del riposo giornaliero di undici ore. Ne deriva che non può il datore di lavoro impedire la fruizione delle 11 ore di riposo continuativo perché il lavoratore rientra da un riposo settimanale superiore a 24 ore.
Corte di Giustizia dell’Unione Europea
Rischi da interferenza e responsabilità del subappaltatore
Anche l’appaltatore e subappaltatore devono osservare le misure previste per evitare i rischi da interferenza negli appalti endo-aziendali. La responsabilità del committente per la implementazione delle misure necessarie alla tutela della salute nello stabilimento ed alla prevenzione dei rischi di incidenti determinati da interferenze nelle lavorazioni non esime l’appaltatore e il subappaltatore dal rispetto di tali previsioni. Né li esime dalla adozione di idonee misure contro gli infortuni con riferimento alle lavorazioni svolte nello stabilimento aziendale del committente che ricadono sotto la loro responsabilità. La redazione del documento di valutazione dei rischi da interferenza (duvri) è di competenza della committente, ma appaltatore e subappaltatore devono coordinare gli interventi di protezione e prevenzione dei predetti rischi anche con riferimento ai rischi che derivano da interferenza tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera complessiva.
Cass. penale 13/02/2023 n. 5907
Linee guida INL contro il lavoro sommerso e il caporalato
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha pubblicato le linee guida cui dovranno attenersi gli ispettori nelle attività di vigilanza sulla gestione dei rapporti di lavoro in azienda. L’intervento principale segnalato dall’Istituto sono la lotta al lavoro sommerso e il cd. “caporalato”, per il quale è previsto il supporto del Comando dei Carabinieri. Le ispezioni di contrasto al lavoro sommerso si concentreranno, anzitutto, sui settori a maggior rischio, che sono individuati nelle attività turistiche stagionali, negli eventi fieristici e di intrattenimento e nelle lavorazioni rese in orario notturno, festivo e nei fine settimana. Per il contrasto al fenomeno del caporalato sono previste verifiche ispettive straordinarie sulla base del progetto A.L.T. Caporalato D.U.E., il cui obiettivo è di colpire lo sfruttamento della manodopera e assicurare continuità alle iniziative sviluppate negli anni passati. In questo ambito si collocano misure di tutela dei rifugiati ucraini per la prevenzione contro forme di sfruttamento lavorativo.
INL, Linee generali dell’attività di vigilanza 2023
Termine di decadenza per impugnare il contratto a termine applicabile anche agli appalti
Il termine di decadenza di 180 giorni previsto dall’art. 28, comma 1, D.Lgs. 81/2015 per contestare la nullità del contratto a termine si applica anche in presenza di una clausola sociale che imporrebbe all’appaltatore subentrante l’assunzione a tempo indeterminato dei lavoratori dell’appaltatore uscente. Il datore subentrante era tenuto ad assumere i lavoratori impiegati nell’appalto dall’impresa uscente alle stesse condizioni (ovvero a tempo indeterminato) e, dunque, il termine apposto al nuovo contratto di lavoro risulta invalido. Tuttavia, il lavoratore non ha impugnato la clausola sul tempo di durata del nuovo contratto di lavoro entro il termine di decadenza fissato ex lege e, pertanto, la domanda di ricostituzione del rapporto e le domande risarcitorie devono essere rigettate.
Trib. Reggio Calabria 10/02/2023 n. 289
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