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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia30 April 2025

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Il contratto a termine oltre i 12 mesi di durata iniziale è possibile solo per specifiche esigenze aziendali."

La reperibilità notturna ricade nell’orario di lavoro
In base alla Direttiva 2003/88/CE, come attuata nella normativa italiana (D.lgs. 66/2003), la definizione di orario di lavoro va intesa in opposizione a quella di periodo di riposo, con reciproca esclusione delle due nozioni. In altri termini, il periodo temporale dedicato al lavoro non può essere ricompreso, allo stesso tempo, nel periodo di riposo, in quanto una fattispecie esclude l’altra. Pertanto, il periodo in cui il lavoratore è obbligato a pernottare presso il luogo di lavoro in regime di disponibilità, ma senza svolgere attività lavorativa, va considerato come orario di lavoro e deve essere adeguatamente retribuito. Anche se il CCNL applicato al rapporto prevede il versamento al lavoratore di una specifica indennità per la reperibilità notturna, tale indennità deve essere conforme ai criteri costituzionali di proporzionalità e sufficienza della retribuzione (art. 36), ragion per cui il giudice può imporre il versamento di un importo più elevato.
Cass. (ord.) 23/04/2025 n. 10648

Ambiente di lavoro stressogeno e responsabilità datoriale per danno alla salute
Anche se non sussistono gli estremi del mobbing, il giudice deve verificare se i fatti allegati dal dipendente per contestare un danno alla salute integrano, comunque, un’ipotesi di responsabilità del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c., per non aver adottato tutte le misure possibili e necessarie a tutelare l’integrità psicofisica del lavoratore e a prevenire il danno. Viceversa, il lavoratore deve provare la sussistenza del danno e il nesso causale tra l’ambiente di lavoro e il danno lamentato. È, pertanto, ravvisabile una violazione dell’art. 2087 c.c. ove il datore di lavoro consente, anche per colpa, il mantenersi di un ambiente di lavoro stressogeno per i propri dipendenti ovvero nel caso in cui i comportamenti datoriali, anche se di per sé legittimi, creano disagi o stress o si connettono ad altri comportamenti inadempienti del datore di lavoro, contribuendo ad inasprire gli effetti e la gravità del pregiudizio per la personalità e la salute dei dipendenti.
Cass. (ord.) 23/04/2025 n. 10730

Nullità del patto di prova per precedente periodo di lavoro non regolarizzato
Essendo emerso dalle conversazioni su WhatsApp intercorse con la responsabile della società che la lavoratrice operava come addetta alle vendite prima della formale assunzione, il patto di prova apposto al successivo contratto di lavoro risulta nullo. Il patto di prova, per avere validità, deve essere, infatti, formalizzato per iscritto prima o, al più tardi, contestualmente all’effettivo inizio del rapporto di lavoro. Deriva dalla nullità del patto di prova che il licenziamento intimato per mancato superamento del periodo di prova a distanza di un mese, all’incirca, dalla formale assunzione è invalido e la lavoratrice ha diritto al pagamento delle mensilità medio tempore maturate e alla reintegrazione sul posto di lavoro.
Trib. Busto Arsizio, Giudice La Russa, 24/04/2025

Licenziamento del disabile per superamento del periodo di comporto
In caso di licenziamento per superamento del periodo di comporto costituisce discriminazione indiretta l’applicazione dell’ordinario (e unico) periodo di comporto previsto dalla contrattazione collettiva per il lavoratore non disabile. In questo modo, un criterio apparentemente neutro come quello del computo del periodo di comporto si trasforma in una prassi discriminatoria nei confronti dei lavoratori disabili, che sono fisiologicamente esposti ad un rischio di maggiore morbilità. Prima di procedere con il licenziamento, è onere del datore di lavoro acquisire informazioni circa l’eventualità che le assenze per malattia del lavoratore disabile siano connesse allo stato di disabilità, al fine di individuare possibili accorgimenti ragionevoli (ex art. 3, co. 3- bis, D.Lgs. n. 216/2003). In assenza di queste preliminari verifiche e dei conseguenti accomodamenti ragionevoli, il licenziamento del disabile per superamento del periodo di comporto è nullo e il dipendente ha diritto alla reintegrazione in servizio e al pagamento del periodo di intervallo non lavorato.
Cass. (ord.) 24/04/2025 n. 10890

Illegittimo anticipare il TFR in busta paga
L’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL) ha reso chiarimenti sulla prassi datoriale di anticipazione mensile del TFR in busta paga, affermandone la illegittimità per contrasto con la norma codicistica. L’INL osserva che, alla luce dell’art. 2120 cod. civ., il TFR rappresenta una somma di denaro accumulata mensilmente dal datore di lavoro, per conto del dipendente, allo scopo di assicurare un supporto economico al termine del rapporto di lavoro. Solo nei casi previsti dalla contrattazione collettiva o individuale è possibile, ai sensi della norma codicistica, una anticipazione degli accantonamenti del TFR. Partendo da queste riflessioni, l’INL conclude che la prassi di pagare mensilmente il TFR in busta paga non è valida e costituisce maggiore retribuzione su cui incombe il versamento dei contributi. Le parti collettive e individuali possono unicamente disciplinare un anticipo degli accantonamenti del TFR, ma non disporre un mero automatico trasferimento in busta paga del rateo mensile. In quest’ultimo caso, i datori dovranno accantonare le quote di TFR illegittimamente anticipate.
Ispettorato Nazionale del Lavoro, 03/04/2025 n. 616

Controlli tramite agenzia investigativa durante l’orario di lavoro
Il datore di lavoro può ricorrere ad agenzie investigative per controllare i lavoratori, purché detto controllo non riguardi il corretto adempimento della prestazione lavorativa e sia limitato alla verifica circa il compimento di atti illeciti messi in atto dai lavoratori. Alla luce di tale principio, è legittimo il licenziamento disciplinare irrogato nei confronti del lavoratore di cui si era accertato, grazie all’indagine dell’agenzia investigativa, che durante l’orario di lavoro prestava servizio in un esercizio commerciale.
Cass. (ord.) 08/04/2025 n. 9268

Assenza per ferie non autorizzate e legittimità del licenziamento
La determinazione del periodo feriale spetta unicamente al datore di lavoro quale estrinsecazione del generale potere organizzativo e direttivo dell’impresa. L’esercizio di tale potere è insindacabile dal lavoratore, a cui è concessa la mera facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, ma senza che il datore sia tenuto ad accordare la fruizione delle ferie nei giorni richiesti dal lavoratore. È, dunque, arbitraria l’assenza per ferie del lavoratore senza la previa autorizzazione datoriale, in quanto non è consentito al lavoratore di autodeterminare il periodo di ferie, né di godere delle ferie senza il previo assenso del datore. I giorni di assenza sono da qualificare, in tal caso, come assenza ingiustificata e il superamento dei giorni di assenza ingiustificata massima previsti dal CCNL legittimano l’irrogazione del licenziamento per giusta causa.
Trib. Perugia 02/04/2025 n. 169

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