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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia28 September 2023

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Con accordo aziendale si possono introdurre i livelli nella categoria dei dirigenti."

Fruizione delle ferie e periodo di comporto
Il datore di lavoro può negare le ferie richieste dal lavoratore allo scopo di evitare il superamento del periodo massimo di assenza per malattia se ricorrono effettive ragioni ostative. Da un lato, il lavoratore ha sempre la facoltà di richiedere la fruizione delle ferie maturate e non godute per sospendere il decorso del periodo di comporto ed evitare, quindi, di esporsi al licenziamento. D’altro lato, alla richiesta del lavoratore non corrisponde l’obbligo del datore di lavoro di accordare le ferie ove ricorrano ragioni organizzative di segno contrario. Nel bilanciamento dei contrapposti interessi delle parti, tuttavia, le ragioni organizzative non possono risolversi in una enunciazione teorica, ma devono essere effettive e concrete. Laddove il datore di lavoro, che ha rifiutato al lavoratore le ferie maturate al fine di sospendere il decorso del periodo di comporto, non sia stato in grado di dimostrare la concreta insorgenza di esigenze organizzative ostative, la mancata concessione delle ferie risulta illegittima ed il licenziamento è invalido.
Cass. (ord.) 21/09/2023 n. 26697

Al fine delle sanzioni l’Inps può chiedere la costituzione del rapporto del lavoratore con la committente
In caso di appalto irregolare, l’Inps può chiedere che venga accertata la sussistenza del rapporto di lavoro tra committente e lavoratore dell’impresa appaltatrice, anche se il lavoratore non ha promosso una autonoma domanda in tal senso. Non è condivisibile la tesi per cui solo il lavoratore abbia la legittimità attiva per proporre la domanda volta alla costituzione del rapporto nei confronti della società committente. Poiché l’azione dell’Ente previdenziale è finalizzata al recupero dei contributi omessi, esso può agire per far accertare l’irregolarità dell’appalto e la sussistenza del rapporto di lavoro con la committente, senza che sia necessaria la previa azione del lavoratore dell’appaltatrice. Il regime previdenziale è indisponibile alle parti del rapporto di lavoro e l’azione dell’Inps non può essere subordinata all’iniziativa del lavoratore che denunci l’irregolarità dell’appalto. Il Giudice può, quindi, pronunciarsi in via pregiudiziale sulla sussistenza del rapporto del lavoratore con la committente allo scopo di consentire l’esercizio da parte dell’Inps del potere di applicare le sanzioni che derivano da un appalto irregolare.
Cass. (ord.) 14/09/2023 n. 26588

Fondo Solimare esteso a tutte le imprese armatoriali
Il 22 settembre 2023 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto Ministeriale 8.8.2023 con misure di adeguamento del Fondo di solidarietà per i lavoratori marittimi (Fondo Solimare). È stata ampliata la platea dei beneficiari delle prestazioni del Fondo estendendone l’operatività a tutte le imprese armatoriali a prescindere dal numero dei dipendenti occupati (laddove in precedenza vi era un limite minimo di cinque dipendenti occupati nel semestre che precedeva il ricorso alla sospensione o riduzione dell’orario di lavoro). Il Fondo Solimare eroga un assegno di integrazione salariale per le causali previste dalla disciplina in materia di integrazioni salariali ordinarie e straordinarie (il cui importo corrisponde al trattamento di integrazione salariale vigente ex art. 3, comma 5-bis, del D.Lgs. 148/2015), cui si accompagna il versamento della correlata contribuzione. Sono stati rimodulati i termini massimi di durata dell’assegno di integrazione salariale a seconda che vi si acceda per causali ordinarie o straordinarie.
Decreto Ministero del Lavoro 08/08/2023 pubblicato in G.U. il 22/09/2023 n. 222

Mobbing possibile anche con un licenziamento legittimo
Anche se il licenziamento è formalmente corretto, non può essere esclusa a priori la sussistenza di una condotta vessatoria riconducibile al “mobbing”. Il delitto di maltrattamenti si configura con l’abituale prevaricazione e umiliazione del dipendente da parte del datore di lavoro ed esso sussiste anche se, in relazione al rapporto di lavoro, il medesimo dipendente è stato sottoposto ad un procedimento disciplinare sfociato nel licenziamento per giusta causa. In altri termini, la validità del licenziamento disciplinare non esclude la condizione di mobbing, in quanto i due piani (quello dei maltrattamenti e quello del rapporto di lavoro) non si elidono e vanno autonomamente valutati. È ben possibile, dunque, che pur a fronte di un legittimo licenziamento per giusta causa il dipendente abbia effettivamente subito condotte vessatorie e maltrattamenti qualificabili come mobbing. Conseguentemente, le due fattispecie non interferiscono ai fini dell’accertamento della responsabilità penale del datore di lavoro.
Cass., sez. penale, 19/09/2023 n. 38306

Valutabili dal giudice del lavoro dichiarazioni rese dal datore di lavoro in sede penale
Le dichiarazioni raccolte in sede penale, incluse quelle riconducibili agli imputati, possono essere autonomamente valutate nel processo civile relativo ad un infortunio sul lavoro. Su tali dichiarazioni può, dunque, fondarsi la condanna nei confronti del legale rappresentante, del direttore dei lavori e del caposquadra della società datrice di lavoro al pagamento in regresso in favore dell’Inail della somma che l’istituto aveva erogato agli eredi di un lavoratore deceduto a seguito di lesioni cagionategli da un infortunio sul lavoro. La Suprema Corte ha precisato che l’unica condizione di legittimità per l’utilizzo degli atti penali da parte del giudice civile è che questi ultimi vengano introdotti nel giudizio civile in maniera rituale e nel rispetto del contraddittorio.
Cass. (ord.), 15/09/2023, n. 26637

La prescrizione dei crediti retributivi decorre in costanza di rapporto
Il termine di prescrizione dei crediti di lavoro decorre anche in costanza di rapporto, posto che la Legge Fornero (Legge n. 92/2012) ha ampliato l’ambito della tutela reale ricomprendendovi, a prescindere dal numero dei dipendenti occupati dall’impresa, il licenziamento intimato per motivo illecito. In forza del novellato art. 18, comma 1, Statuto dei Lavoratori, in presenza di licenziamento determinato da motivo vendicativo o ritorsivo – quando, ad es., il recesso è la reazione datoriale alla rivendicazione dei propri crediti retributivi da parte del lavoratore – il dipendente ha diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro e ad un risarcimento che copra l’intero intervallo temporale non lavorato. Questa previsione si applica a prescindere dai livelli dimensionali dell’impresa e, dunque, anche sotto la soglia dimensionale per la stabilità reale del rapporto. Facendo leva su questa disciplina, è stato sostenuto che la prescrizione dei crediti retributivi decorra in costanza di rapporto. Questa conclusione sovverte un principio contrario consolidato dalla Cassazione, per la quale la riduzione dell’ambito di estensione della tutela reintegratoria disposta dalla Legge Fornero e, quindi, dal Jobs Act (segnatamente, dal Decreto 23/2015 sulle cd. “tutele crescenti”) impedisce il decorso della prescrizione dei crediti durante il rapporto di lavoro.
Trib. Bari 06/09/2023 n. 2179

Licenziamento per esigenze aziendali e motivo illecito determinante
È nullo per motivo illecito determinante il licenziamento formalmente motivato da una notevole contrazione del lavoro in un contesto di difficoltà finanziaria, laddove sia appurato che nello stesso periodo erano state effettuate una serie di assunzioni e iniziative di investimento datoriali. Nel medesimo contesto si colloca la messa in cassa integrazione della lavoratrice successivamente licenziata, alla luce del rilievo che l’ammortizzatore sociale era stato utilizzato solo nei confronti della predetta dipendente, del figlio e di un terzo collega. Infine, rileva la circostanza che il licenziamento della madre sia collocato nello stesso spazio temporale del licenziamento del figlio. In presenza di queste condizioni, sussistono elementi presuntivi gravi, precisi e concordanti per concludere che il licenziamento è stato adottato per un motivo illecito determinante.
Tribunale Venezia, 13/09/2023, n. 531

Legittimo il licenziamento per assenza ingiustificata generatrice di disagi organizzativi
È legittimo il licenziamento della dipendente che, a fronte di un periodo di assenza dal lavoro di nove giorni, trasmette il certificato medico di malattia della figlia solo prima del rientro in servizio e con la propria assenza arreca un disagio organizzativo rispetto alla chiusura del bilancio di esercizio. L’assenza è ingiustificata, posto che il certificato medico è stato trasmesso in ritardo rispetto ai termini di inoltro previsti dal CCNL. Né vi erano circostanze impeditive che potessero giustificare il ritardo nella consegna del certificato di malattia della figlia. Nel valutare il rilievo disciplinare della condotta inadempiente si deve anche tener conto del disagio organizzativo arrecato alla società, in quanto la chiusura del bilancio subiva un rallentamento per l’assenza della dipendente. A fronte di questa complessiva situazione la misura espulsiva risulta proporzionata non solo per il ritardo nell’invio del certificato di malattia, ma per l’assenza di impedimenti che ne impedissero la trasmissione tempestiva e per il disagio organizzativo determinato dall’assenza prolungata della dipendente, di cui la medesima non poteva non essere consapevole.
Corte d’Appello Cagliari, 22/02/2023 n. 38