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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia24 August 2023

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Il pagamento del canone di locazione per l’alloggio del dipendente va incluso nella retribuzione globale di fatto da utilizzare per il calcolo dell’indennità per licenziamento illegittimo."

Profili fiscali dello smart-working e disciplina tributaria applicabile ai frontalieri
L’Agenzia delle Entrate ha emanato una circolare di analisi e sintesi sull’imposizione fiscale applicabile a taluni rapporti di lavoro caratterizzati da una separazione tra il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa, il luogo in cui si esplicano gli effetti di tale attività e il luogo di residenza del prestatore di lavoro. La circolare è suddivisa in due parti: (i) la prima fornisce chiarimenti e istruzioni applicative sui profili fiscali dello smart-working (sia nel caso di svolgimento della prestazione all’estero alle dipendenze di un’azienda italiana, che nel caso di svolgimento della prestazione in Italia alle dipendenze di un’azienda estera), alla luce dei più recenti orientamenti della prassi, anche ai fini dell’applicazione del regime speciale per i lavoratori rimpatriati (disciplinato dal D.lgs. n. 147/2015) e del regime speciale per docenti e ricercatori (disciplinato dal D.L. n. 78/2010, convertito il L. n. 122/2010); (ii) la seconda parte è dedicata alla disciplina fiscale dei lavoratori c.d. “frontalieri”, anche alla luce del nuovo accordo internazionale siglato con la Svizzera e delle novità introdotte con la legge di ratifica (L. n. 83/2023).
Agenzia delle Entrate, Circolare 18/08/2023 n. 85

Il costante e generalizzato non-assorbimento dei superminimi è uso aziendale
Se il datore di lavoro reiteratamente omette di procedere all’assorbimento dei superminimi individuali versati ai propri dipendenti, contrattualmente definiti come “assorbibili”, non può decidere unilateralmente di procedere all’assorbimento degli stessi superminimi in successivi aumenti contrattuali. Questa conclusione si impone alla luce del principio giurisprudenziale per cui la ripetizione costante e generalizzata di un comportamento del datore di lavoro favorevole nei confronti dei dipendenti e che si traduca in un trattamento economico o normativo di maggior favore rispetto a quello previsto dai contratti (individuali e collettivi) integra, di per sé, gli estremi dell’uso aziendale. La Cassazione precisa che l’uso aziendale agisce sui singoli rapporti individuali con la stessa efficacia di un contratto collettivo e, quindi, non può essere unilateralmente modificato in peius dal datore di lavoro.
Cass., 17/07/2023 n. 20682

Nullità del patto di prova e invalidità del licenziamento
Il licenziamento intimato per mancato superamento del periodo di prova, a fronte di una clausola sul patto di prova nulla per omessa indicazione delle concrete mansioni e del ruolo professionale assegnati al lavoratore, comporta l’applicazione del regime di tutela indennitaria previsto dall’art 3, comma 1, del D.Lgs. 23/2015 (cd. disciplina delle “tutele crescenti” per gli assunti dal 7 marzo 2015). Non è condivisibile la tesi contraria per cui la nullità del patto di prova comporti la nullità dello stesso atto di licenziamento e la conseguente applicazione del regime della reintegrazione di cui all’art. 2, comma 1, del D.Lgs. 23/2015. A presidio di questa conclusione soccorre il principio per cui la nullità del patto di prova non travolge l’intero contratto di lavoro, ma comporta la trasformazione dell’assunzione in definitiva fin dall’inizio del rapporto. In tale contesto, l’intimazione del licenziamento in assenza di un valido patto di prova equivale ad un recesso datoriale privo di giusta causa o giustificato motivo, da cui discende, in applicazione della disciplina sulle tutele crescenti, la condanna del datore al versamento di un indennizzo economico.
Cass. 14/07/2023 n. 20239

Assegnazione a mansioni inferiori e illegittimità del licenziamento
È illegittimo il licenziamento per soppressione del posto di lavoro intimato ad una lavoratrice che, quando le è stato intimato il recesso, prestava servizio adibita a mansioni di livello inferiore ed è, in proposito, irrilevante che la lavoratrice medesima avesse presentato un ricorso in via d’urgenza per contestare la dequalificazione subita e chiedere la riassegnazione a mansioni del proprio livello professionale. La circostanza che la dipendente, quando è stato adottato il licenziamento, svolgeva altre mansioni (seppur di contenuto peggiorativo rispetto alla qualificazione posseduta) priva di giustificazione la motivazione alla base del licenziamento per soppressione del ruolo e impossibilità di esercitare il repêchage su altre mansioni. Il dato fattuale dello svolgimento effettivo di altre mansioni, diverse da quelle proprie del ruolo soppresso, conferma la persistente disponibilità di funzioni cui assegnare la dipendente. Questa conclusione si impone anche se la dipendente aveva contestato l’adibizione alle nuove mansioni perché peggiorative.
Cass. 14/07/2023 n. 20215

Ritenute fiscali su somme non dovute non vanno restituite dal lavoratore
Quando il datore di lavoro corrisponda al dipendente una somma maggiore del dovuto e su tale somma operi delle ritenute fiscali, egli può chiedere al lavoratore la restituzione della sola somma netta effettivamente percepita da quest’ultimo. Infatti, il datore di lavoro non può pretendere di ottenere dal dipendente la restituzione di somme al lordo delle ritenute fiscali, laddove gli importi versati all’erario non siano mai entrati a far parte della sfera patrimoniale del dipendente. In ogni caso, il datore di lavoro può recuperare le ritenute fiscali versate in eccesso direttamente dall’Amministrazione Finanziaria, essendo legittimato a richiedere a quest’ultima il rimborso delle somme non dovute e a impugnare l’eventuale rifiuto dinanzi al giudice tributario.
Cass., 10/07/2023 n. 19437

Esperibile dall’Inail l’azione di regresso nei confronti di tutti i responsabili dell’infortunio
È legittima l’azione di regresso, ai sensi degli artt. 10 e 11 del D.P.R. n. 1124/1965 (Testo Unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), esperita dall’Inail nei confronti del datore di lavoro e dei soggetti corresponsabili dell’infortunio, anche se estranei al rapporto assicurativo con l’ente. Ciò in quanto tali soggetti sono gravati da obblighi di prevenzione del rischio nei confronti dei lavoratori. Nel caso esaminato, avente ad oggetto l’infortunio letale di un lavoratore a causa dello smottamento delle pareti di uno scavo, la Cassazione ha confermato la responsabilità solidale (i) del Comune, committente dell’appalto, (ii) di due suoi dipendenti nominati direttori dei lavori, i quali avevano realizzato il progetto e avevano fornito direttive e indicazioni sulla sicurezza del cantiere, (iii) del titolare della società appaltatrice, che aveva redatto il piano di sicurezza, (iv) del direttore dei lavori dell’appaltatrice, che era stato presente in cantiere ed era responsabile dell’osservanza delle misure di sicurezza e, infine, (v) del titolare della società subappaltatrice, alla quale faceva capo il rapporto di lavoro del lavoratore deceduto.
Cass., 10/01/2023 n. 375