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Aggiornamenti settimanali sul Diritto del Lavoro in Italia27 July 2023

WEEKLY ITALIAN LABOUR UPDATES

"Il diritto di astensione dal lavoro notturno delle madri con figli sotto i tre anni non può essere circoscritto."

Turni di pronta reperibilità in eccesso e risarcimento del danno per violazione del diritto al riposo
Laddove il CCNL applicabile al rapporto di lavoro preveda espressamente che, di regola, il datore di lavoro non può programmare più di sei turni di pronta disponibilità al mese per ciascun dipendente, è ammesso il superamento del limite previsto come “di regola” purché esso non determini un’interferenza alla vita privata del lavoratore tale da pregiudicare il diritto al riposo. In altre parole, il datore di lavoro può imporre ai dipendenti lo svolgimento di più di sei turni di reperibilità al mese, purché il numero di turni eccedenti il limite non sia irragionevolmente eccessivo (è stato ritenuto illegittimo un regime di pronta disponibilità che prevedeva lo svolgimento di circa dieci turni al mese aggiuntivi rispetto ai sei previsti dal CCNL). Dato che il riposo costituisce un diritto personalissimo del lavoratore, il fatto che questo venga impedito dalla richiesta di eccessivi turni di pronta reperibilità costituisce di per sé un danno che deve essere risarcito dal datore di lavoro, senza che il dipendente abbia l’onere di dimostrare in giudizio lo specifico pregiudizio subito.
Cass. 21/07/2023 n. 21934

Accesso agli ammortizzatori sociali per combattere l’ondata di calore
Le temperature elevate registrate quale effetto dell’ondata di calore che ha investito il Paese autorizza il ricorso agli ammortizzatori sociali (Cigo, FIS e Fondi di solidarietà bilaterale) da parte delle imprese. Il datore di lavoro può sospendere l’attività e fare ricorso al trattamento di integrazione salariale con la causale “eventi meteo” non solo se il termometro supera 35° centigradi, ma anche se la temperatura si mantiene sotto questa soglia, ma per effetto dell’umidità la temperatura percepita risulta superiore ai 35° centigradi. All’Inps è richiesto di verificare i dati centigradi dei bollettini meteo insieme con il grado di umidità allo scopo di verificare i presupposti per l’accoglimento delle istanze. L’accesso al trattamento di integrazione salariale presuppone, inoltre, che le attività siano svolte all’aperto senza protezione dal sole o che comportino l’utilizzo di materiali che si surriscaldano. Si accede all’ammortizzatore sociale anche per le attività al chiuso, se non sussistono sistemi di ventilazione o impianti di aria condizionata. Si accede, infine, negli ulteriori casi segnalati dal responsabile della sicurezza in azienda.
INPS, Messaggio 20/07/2023 n. 2729

Linee guida Ministeriali per mitigare il rischio di infortunio termico
Il Ministero del Lavoro ha diramato indicazioni pratiche sulla gestione del rischio di infortunio da elevate temperature, individuando i settori di attività a maggior rischio nelle lavorazioni all’aperto come l’agricoltura e la silvicoltura, la pesca, l’edilizia, l’estrazione mineraria, i trasporti e la fornitura di servizi pubblici. Nell’elenco sono ricomprese le prestazioni “indoor” a rischio di stress climatico come le lavorazioni in edifici scarsamente raffreddati o con elevata produzione di calore industriale. I datori di lavoro devono includere nella valutazione dei rischi anche il “rischio termico” e prevedere le misure preventive per proteggere i lavoratori. Tra le misure da adottare il Ministero indica la modifica degli orari di lavoro (evitando le ore di maggior calore e spingendo sul lavoro serale) e la previsione di zone ombreggiate, l’uso di tettoie mobili, la fornitura di veicoli con cabine climatizzate e l’utilizzo di ventilatori e apparecchi per il raffreddamento e la deumidificazione. Si precisa che nelle zone di maggior calore va evitato il lavoro solitario e si raccomanda il ricorso allo smart working per gli ambienti indoor ove non sia possibile adottare misure di mitigazione del rischio termico.
Ministero del Lavoro, Relazione 20/07/2023

Formazione sulla sicurezza obbligatoria anche se oltrepassa l’orario di lavoro part-time
È legittimo il licenziamento del lavoratore part-time che non ha completato la formazione base sulla sicurezza in azienda ed è irrilevante che il corso si tenesse in un orario non coincidente con il turno ridotto del part-time. Il lavoratore è tenuto a svolgere la formazione sulla sicurezza anche se l’orario in cui è previsto il corso oltrepassa il turno di lavoro previsto nel contratto a tempo parziale e comporta lo svolgimento di ore di lavoro supplementari. La norma di legge (art. 37, comma 12, D.Lgs. 81/2008) prevede che la formazione dei lavoratori debba avvenire “durante l’orario di lavoro” e questa formulazione deve essere intesa in senso ampio, ricomprendendo l’orario di lavoro eccedente quello ordinario o normale. Il rifiuto del lavoratore part-time costituisce inadempimento sanzionabile con la sanzione espulsiva, perché il datore di lavoro non può consentire lo svolgimento della prestazione al dipendente che non ha completato la formazione base sulla sicurezza.
Cass. 14/07/2023 n. 20259

Mancato invio all’autorità pubblica della lettera di avvio della procedura di licenziamento collettivo
La Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha affermato che la mancata trasmissione di copia della comunicazione di avvio della procedura di licenziamento collettivo alla competente autorità pubblica, prescritta dall’art. 2, paragrafo 3, secondo comma, della Direttiva 98/59/Ce, non è volta a tutelare i lavoratori in una fase in cui la riduzione del personale è soltanto prospettata dal datore di lavoro. La funzione della trasmissione della comunicazione all’autorità pubblica ha una mera finalità informativa e preparatoria, la cui funzione è di consentire alla medesima autorità pubblica di avere una conoscenza immediata rispetto alle ragioni dei prospettati licenziamenti collettivi e valutarne l’impatto sul mercato del lavoro. Il principio espresso dalla Corte ha una evidente ricaduta sulla gestione delle procedure di licenziamento collettivo in Italia, posto che l’art. 4, comma 4, della Legge 223/1991 prescrive un analogo obbligo di comunicazione all’autorità amministrativa competente. Si potrà affermare, in proposito, che la mancata trasmissione della comunicazione non incide sui diritti e sulle garanzie dei lavoratori interessati dal prospettato licenziamento collettivo e, dunque, non costituisce una violazione sanzionabile della procedura.
Corte di Giustizia UE 13/07/2023, causa C-134/22

Nullo il licenziamento del disabile per superamento del comporto
Il datore di lavoro non può procedere alla immediata cessazione del rapporto di lavoro se il periodo di comporto è stato superato da un dipendente affetto da disabilità. Nel rispetto dei canoni di correttezza e buona fede che devono governare il rapporto di lavoro, al datore di lavoro è richiesto di adottare accomodamenti ragionevoli che consentano di salvaguardare il posto di lavoro del dipendente disabile. In particolare, il datore di lavoro è tenuto ad informare il disabile che, allo scopo di evitare il licenziamento per superamento del periodo massimo di malattia, potrà richiedere un periodo di aspettativa non retribuita secondo le previsioni del CCNL applicato al rapporto. Poiché il datore ha omesso di adottare queste ragionevoli misure, il licenziamento è stato dichiarato nullo in quanto discriminatorio (in ragione della condizione di disabilità da cui era affetto il dipendente), con ordine di reintegrazione in servizio e versamento delle retribuzioni mensili maturate medio tempore.
Corte d’Appello Trento 06/07/2023 n. 8

Revoca dell’amministratore e ritorsività del licenziamento del dipendente fedele
Se emerge in giudizio che l’unico motivo alla base del licenziamento disciplinare del lavoratore era il rapporto fiduciario che lo legava all’amministratore delegato, a sua volta allontanato dalla proprietà per insanabili contrasti, la misura espulsiva ha natura ritorsiva. Il principio “simul stabunt, simul cadent”, per cui al venir meno di un amministratore si determina la automatica cessazione di tutto l’organo amministrativo, non può essere applicato al rapporto di lavoro degli impiegati. L’infondatezza degli addebiti contestati al dipendente e le azioni vessatorie sfociate nel recesso datoriale nelle settimane immediatamente successive all’allontanamento del manager, di cui il lavoratore era stretto collaboratore, fanno presumere la ritorsività del licenziamento. Il dipendente ha diritto alla reintegrazione sul posto di lavoro ed al versamento delle mensilità del periodo non lavorato.
Trib. Napoli, 04/07/2023 n. 4490

Inail tenuta ad indennizzare il danno da mobbing
L’Inail è tenuta ad indennizzare la malattia professionale la cui insorgenza sia causalmente collegata a situazioni di costrittività organizzativa o mobbing subite dalla lavoratrice in costanza del rapporto di lavoro. È da respingere la tesi contraria per cui la copertura assicurativa Inail operi solo per gli eventi attinenti allo svolgimento dell’attività lavorativa in senso stretto, escludendo quelli riconducibili al contesto aziendale ed all’organizzazione del lavoro. La malattia professionale è, infatti, indennizzabile anche quando non derivi dalla prestazione di specifiche lavorazioni, bensì dall’organizzazione del lavoro e dalle sue modalità di esplicazione. In attuazione di questo principio è stata confermata l’indennizzabilità del disturbo post traumatico da stress cronico con depressione e ansia miste sofferto dalla lavoratrice, la cui insorgenza era da ricondurre alle reiterate condotte vessatorie poste in atto dalla datrice di lavoro. L’Inail è stata condannata a corrispondere alla lavoratrice l’indennizzo in capitale nella misura corrispondente al danno biologico permanente.
Corte d’Appello Perugia 07/06/2023 n. 87

Rimborso spese per infortunio e malattia professionale all’estero
L’Inail ha reso noto di avere sottoscritto un accordo con il Ministero della Salute per la gestione del rimborso da parte dell’Inail medesimo delle spese di competenza del Ministero anticipate da Stati terzi (aderenti ai Regolamenti Ce 883/2004 e 987/2009) per prestazioni sanitarie erogate in favore dei lavoratori assicurati Inail a seguito di infortuni sul lavoro e malattie professionali. La normativa vigente prevede che, quando un lavoratore assicurato in Italia subisce un infortunio sul lavoro in altro Stato UE o aderente ai Regolamenti UE in materia, l’Inail provveda al rimborso di tutte le spese collegate alle prestazioni ricevute dal lavoratore all’estero, incluse le prestazioni sanitarie (che, invece, in Italia ricadono nella competenza del Servizio sanitario nazionale).
INAIL, Circolare 18/07/2023 n. 32