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Le Novità introdotte dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza29 January 2019

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Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza – decreto legislativo attuativo L. n. 155/2017

"Il nuovo codice è stato elaborato attraverso una sostanziale riforma della disciplina"

Il Consiglio dei Ministri in data 10 gennaio 2019, in esame definitivo e su proposta del Ministro della Giustizia Bonafede, ha approvato il decreto legislativo che in attuazione della legge 19 ottobre 2017, n. 155 (“Delega al Governo per la riforma delle discipline della crisi d’impresa e dell’insolvenza” in GU Serie Generale n. 254 del 30/10/2017, c.d. riforma Rordorf delle procedure concorsuali), introduce nell’ordinamento giuridico il nuovo “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”  (il “Codice”). L’approvazione del decreto è avvenuta tenendo conto dei pareri espressi dalle competenti Commissioni parlamentari. L’entrata in vigore del decreto e dunque del Codice è prevista decorsi 18 mesi dalla data della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale ad eccezione di alcune previsioni (tra le quali alcune modifiche alla disciplina della responsabilità degli amministratori e della nomina degli organi di ontrollo, non oggetto del presente briefing) che entreranno in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale.

Il nuovo Codice ha l’obiettivo di riformare in modo organico la disciplina delle procedure concorsuali, con due principali finalità:

  • consentire una diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese; e
  • salvaguardare la possibile capacità imprenditoriale di coloro che vanno incontro a una crisi di impresa dovuta a particolari contingenze.

In questo briefing si intende segnalare le principali novità introdotte.

"La procedura di allerta della crisi si svolge avanti all'ocri - organismo di composizione della crisi"

Procedure di allerta e di composizione assistita della crisi

Tra le misure volte alla diagnosi precoce dello stato di difficoltà delle imprese, il titolo II del decreto annovera le procedure di allerta e di composizione assistita della crisi (artt. 12-25) “finalizzate ad incentivare l’emersione anticipata d ella crisi e ad agevolare lo svolgimento di trattative tra debitore e creditori ” mediante l’affidamento all’OCRI, Organismo di Composizione della Crisi, di carattere non giurisdizionale e dotato di adeguata professionalità, costituito presso ciascuna Camera di Commercio. Tale procedura può essere attivata, sussistendo una serie di indicatori di crisi (squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività svolta dal debitore) su istanza/segnalazione: (a) del debitore direttamente; (b) degli organi di controllo societari ; (c) dei creditori pubblici qualificati (Agenzia delle entrate, INPS e agente della riscossione).

La competenza territoriale dell’OCRI cui devono essere indirizzate le segnalazioni è determinata dalla sede legale dell’impresa, al fine di mantenere la maggiore “prossimità” dei nuovi strumenti di allerta e composizione assistita della crisi rispetto alla localizzazione dell’impresa, agevolando l’imprenditore nell’accesso a questa fase.

L’OCRI opera attraverso:
• il referente, individuato nel segretario della Camera di Commercio o in un suo delegato, con il compito di assicurare la tempestività del procedimento;
• il collegio di esperti, nominato di volta in volta per il singolo affare, dei quali (i) uno è designato dal presidente della sezione specializzata in materia di impresa del tribunale territorialmente competente; (ii) uno designato dal presidente della Camera di Commercio, Industria, Artigianato ed Agricoltura o da un suo delegato, diverso dal referente; ed (iii) uno appartenente all’associazione rappresentativa del settore di riferimento del debitore individuato dal referente, sentito il debitore.

Il referente, una volta ricevuta la segnalazione da parte dei soggetti qualificati, oppure l’istanza del debitore di assistenza nella composizione della crisi, deve procedere immediatamente alla segnalazione agli organi di controllo societari ed alla nomina del collegio.

La procedura di composizione assistita della crisi dovrà concludersi entro 6 mesi dal suo avvio; nell’eventualità in cui la stessa risulti infruttuosa, farà seguito la procedura di liquidazione giudiziale avviata dal PM, nel caso in cui ravvisi lo stato di insolvenza.

Entro 15 giorni dalla ricezione della segnalazione o dell’istanza, l’OCRI convoca dinanzi al collegio nominato il debitore e gli organi di controllo societari, se esistenti, per una audizione in via riservata e confidenziale, allo scopo di evitare il diffondersi di allarmismi che potrebbero pregiudicare l’immagine commerciale dell’impresa e la sua possibilità di accedere ulteriormente al credito.

Conclusa l’audizione, il collegio deve valutare, sulla base dei dati raccolti, se siano emersi o meno fondati indizi di crisi. Il collegio dispone l’archiviazione delle segnalazioni ricevute se: (i) ritiene che non sussista la situazione di crisi; (ii) qualora l’organo di controllo societario o un professionista indipendente accerti l’esistenza di crediti di imposta o di altri crediti verso pubbliche amministrazioni per i quali siano decorsi 90 giorni dalla messa in mora, per un ammontare complessivo che, portato in compensazione con i debiti, determina il mancato superamento delle soglie che hanno determinato la segnalazione.

Se invece, i dati acquisiti confermano la sussistenza di una crisi, il collegio individua con il debitore le misure idonee al suo superamento fissando un termine entro il quale l’imprenditore deve riferire in merito alla relativa attuazione.

"Il nuovo codice prevede un procedimento unitario di accertamento guidiziale della crisi avanti al tribunale del luogo dove il debitore ha il centro degli interessi principali"

Inoltre, l’OCRI, su istanza del debitore formulata anche all’esito dell’audizione, può essere investito anche del procedimento di composizione concordata della crisi ed, in questo caso, deve (i) fissare un termine non superiore a 3 mesi prorogabili per altri 3 per ricercare una soluzione concordata della crisi d’impresa, curandone le trattive ed (ii) acquisire una relazione aggiornata sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria dell’impresa nonché un elenco dei creditori e dei titolari dei diritti reali o personali con l’indicazione dei rispettivi crediti e delle eventuali cause di prelazione. Se il procedimento di composizione concordata della crisi ha esito positivo, l’accordo con i creditori viene trasfuso in un documento scritto non ostensibile a soggetti diversi da quelli che vi hanno aderito.

Il Codice prevede, inoltre, la possibilità per il debitore di chiedere al Tribunale territorialmente competente misure protettive quali la sospensione dall’obbligo di riduzione del capitale per perdite e la sospensione delle azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio, necessarie per condurre a termine le trattative.

Quanto detto in merito alla procedura di cui sopra, non si applica alle società quotate in borsa o in altro mercato regolamentato ed alle grandi imprese come definite dalla normativa dell’Unione Europea.

Procedure unitarie di regolazione della crisi e dell’insolvenza

In difetto di raggiungimento delle suddette soluzioni stragiudiziali di composizione della crisi avanti all’OCRI, o perché non attivate o perché non concluse positivamente, il dissesto dell’impresa è destinato necessariamente a trovare sbocco in ambito giudiziario, se pur con la netta preferenza, nello spirito della riforma, di strumenti di risoluzione della crisi d’impresa e di ristrutturazione (concordato preventivo e accordi di ristrutturazione) rispetto a quelli meramente liquidatori.

Il nuovo Codice prevede un procedimento unitario di accertamento giudiziale della crisi (artt. 26-55), avanti al Tribunale del luogo dove il debitore ha il centro degli interessi principali, nel quale confluiscono e vengono esaminate tutte le domande e le istanze, anche contrapposte, dei creditori, degli organi di controllo, del pubblico ministero e del debitore, al fine dell’adozione o dell’omologazione della soluzione più appropriata alle situazioni di crisi o di insolvenza accertate, nel pieno rispetto del principio del contraddittorio su tutte le istanze avanzate.

Nel caso di domanda del debitore di accesso al concordato preventivo o agli accordi di ristrutturazione il Tribunale, verificate la regolarità della procedura, l’esito della votazione e l’ammissibilità della proposta, omologa la domanda di concordato o gli accordi di ristrutturazione; diversamente dichiara con sentenza, su ricorso di uno dei soggetti legittimati, l’apertura della liquidazione giudiziale.

Nel corso di tale procedimento il debitore può chiedere l’emissione di provvedimenti cautelari, inclusa la nomina di un custode d’azienda o del patrimonio, che appaiano più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale o che omologa il concordato preventivo o gli accordi di ristrutturazione. Inoltre dalla data di pubblicazione della domanda di accesso alle procedure di regolazione nel registro imprese e su richiesta del debitore, i creditori per titolo o causa anteriore non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive cautelari sul suo patrimonio.

Concordato preventivo

Il Codice (artt. 84-120) ridefinisce le tipologie di concordato preventivo, in una ottica di favore verso la soluzione della continuità aziendale pur mantenendo l’impianto procedurale precedente.

Il concordato preventivo potrà essere:

1. con continuità aziendale (soddisfacimento dei creditori attraverso i proventi derivanti dalla prosecuzione dell’attività) da distinguersi in: (i) diretta da parte dell’imprenditore che ha presentato la domanda oppure (ii) indiretta nel caso sia prevista la gestione dell’azienda da parte di un soggetto diverso in forza di cessione, usufrutto, affitto, conferimento di azienda. In questo secondo caso deve essere però previsto, per i due anni successivi, il mantenimento o la riassunzione di un numero di lavoratori pari ad almeno la metà della media di quelli in forza nei due esercizi precedenti;
2. liquidatorio (soddisfacimento dei creditori attraverso il ricavato dalla liquidazione del patrimonio): è ammesso solo se ci si avvalga di nuova finanza che aumenti in modo significativo le possibilità di soddisfacimento dei creditori (di almeno il 10% i crediti chirografari, su un totale di soddisfazione di almeno il 20% dei crediti chirografari).

"Il debitore conserva l'amministrazione dei beni e l'esercizio dell'impresa dalla data di presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo e fino all'omologa"

La Riforma prevede ancora la possibilità di depositare la domanda di concordato con riserva della presentazione della proposta e del piano nel termine massimo di 60 giorni, prorogabile di ulteriori 60 giorni solo se sussistono giustificati motivi e se non sono pendenti domande di apertura della liquidazione giudiziale.

La proposta deve fondarsi su un piano di attività attuative che abbia concrete possibilità di realizzazione, sia di fatto che di diritto. Al fine di consentire al debitore di proseguire l’impresa e non pagare subito integralmente i creditori privilegiati, il piano può inoltre prevedere una moratoria di 2 anni dall’omologa per il loro pagamento.

Quanto agli effetti, la riforma conferma che dalla data di presentazione della domanda di accesso al concordato preventivo e fino all’omologa, il debitore conserva l’amministrazione dei beni e l’esercizio dell’impresa, sotto la vigilanza del commissario giudiziale. Potrà compiere operazioni straordinarie, invece, soltanto con l’autorizzazione del giudice delegato. Nel caso di concordato con continuità aziendale è confermato il principio di continuità dei contratti pendenti e l’inefficacia di eventuali patti contrari. Il debitore può tuttavia chiedere l’autorizzazione alla sospensione o allo scioglimento di uno o più contratti se la prosecuzione non è coerente con le previsioni funzionale alla sua esecuzione, prevedendo altresì la quantificazione dell’indennizzo dovuto alla controparte, che potrà opporsi.

Liquidazione giudiziale

Altra novità è rappresentata dalla sostituzione del termine “fallimento” con l’espressione “liquidazione giudiziale” in conformità a quanto avviene in altri Paesi europei, così come anche l’eliminazione del termine “fallito”. Ciò è dovuto al disvalore che tali termini determinavano in un’ottica internazionale dell’imprenditore.

La disciplina della procedura (artt. 121-267) è rimasta sostanzialmente la stessa del Regio Decreto n. 267 del 1942. Le innovazioni mirano a ridurre durata e costi e ad incentivare la continuazione dell’attività. Infatti, la sentenza che dichiara l’apertura della liquidazione giudiziale (possibile se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risultanti dagli atti dell’istruttoria è complessivamente inferiore a euro trentamila) autorizza il curatore a proseguire l’attività anche in singoli rami dell’azienda se all’interruzione potrebbe derivarne un grave danno.

Il curatore dal canto suo ha più poteri. Infatti ad esso è attribuito l’accesso alle banche dati nella pubblica amministrazione.

Rimane sostanzialmente invariata la disciplina sulla revocatoria, in estrema sintesi: restano privi di effetto rispetto ai creditori gli atti a titolo gratuito e i pagamenti di crediti non scaduti compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nei due anni anteriori; sono revocati gli atti estintivi di debiti pecuniari effettuati con mezzi non normali di pagamento compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della liquidazione giudiziale o nell’anno ateriore e, se il curatore prova che l’altra parte conosceva lo stato di insolvenza del debitore, i pagamenti di debiti scaduti e gli atti a titolo oneroso compiuti dopo il deposito della domanda cui è seguita l’apertura della iquidazione giudiziale o nei sei mesi anteriori.

Per quanto riguarda quella relativa ai rapporti pendenti vengono aggiunti degli articoli in relazione a determinati tipi di contratto come quelli di lavoro subordinato, in cui viene dettata un’apposita disciplina per l’eventuale licenziamento dei dipendenti, privilegiando ovviamente le soluzioni finalizzate al mantenimento dell’occupazione.

Il curatore dal canto suo ha più poteri. Infatti ad esso è attribuito l'accesso alle banche

Crisi e insolvenza dei gruppi di imprese

La riforma (artt. 284-292), colmando una lacuna dell’attuale legge fallimentare che ignora del tutto le peculiarità del gruppo di imprese, considera  come tale l’insieme delle società, delle imprese e degli enti, che ai sensi degli articoli 2497 e 2545-septies c.c. sono sottoposti alla direzione e coordinamento di una società, di un ente o di una persona fisica, sulla base di un vincolo partecipativo o di un contratto; a tal fine si presume, salvo prova contraria, che l’attività di direzione e coordinamento di società sia esercitata dalla società o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci.

Alla luce della riforma, nel caso la crisi abbia colpito imprese appartenenti allo stesso gruppo, è quindi possibile presentare:
1. un’unica domanda di accesso (e conseguente procedura) alle procedure di concordato preventivo o di omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti con un unico ricorso avanti al Tribunale del luogo del centro principale degli
affari della capogruppo o in mancanza dell’impresa che presenta la maggiore sposizione debitoria;
2. plurime domande autonome per ogni impresa del gruppo (e conseguenti plurime procedure) in sedi giudiziarie diverse ma con obblighi di informazione specifici a carico degli organi in modo da garantire la cooperazione imposta già a livello europeo.

In entrambe le ipotesi è prevista la netta separazione delle masse attive e passive delle varie imprese.

"Il piano concordatario può prevedere la continuità di alcune imprese e la liquidazione di altre"

Il piano concordatario può prevedere la continuità di alcune imprese e la liquidazione di altre, oltre a operazioni infragruppo implicanti il trasferimento di risorse da una società ad un’altra, purché il professionista ne attesti l’importanza determinante ai fini della continuità aziendale e la coerenza con l’obiettivo di soddisfacimento dei creditori di tutte le imprese.  Nel caso di finanziamenti erogati da parte di una società del gruppo a favore di altra società del gruppo in crisi, funzionali all’attuazione di un concordato preventivo o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, viene sancito il principio di postergazione del rimborso di tali crediti.

È poi previsto che il concordato non venga risolto o annullato quando se ne verifichino i presupposti per una singola società, salvo il caso in cui ciò comprometta l’attuazione del piano anche nei confronti delle altre imprese.

Similmente, qualora più imprese appartenenti a uno stesso gruppo siano insolventi è possibile unificare le procedure di liquidazione giudiziale per ragioni di economicità e   per assicurare l’uniformità di trattamento dei creditori, mediante la presentazione di un unico ricorso dinanzi ad un unico tribunale, l’apertura di una procedura di liquidazione unitaria, l’individuazione di un programma unitario di liquidazione coordinata delle singole masse, pur sempre autonome e distinte. In tale caso è prevista la possibilità di revocatoria di atti e contratti posti in essere nei 5 anni precedenti il deposito dell’istanza, che spostino risorse tra le imprese pregiudicando i creditori, salvo il caso di vantaggi compensativi infragruppo ex art. 2497 c. 1 c.c..

Conclusioni

A distanza di ottant’anni dalla promulgazione della legge fallimentare e dopo una lunga stagione di riforme caotiche, urgenti ma pur sempre parziali, succedutesi dal 2005 al 2017, il Codice della Crisi d’Impresa innova in modo generale la material delle procedure concorsuali introducendo una riforma organica della gestione della crisi di impresa.  Anche il differente approccio lessicale, esprime una moderna cultura del superamento dell’insolvenza, interpretata quale “evenienza fisiologica nel ciclo vitale di un’impresa”, da anticipare e prevenire da parte dell’imprenditore ed eventualmente gestire al meglio anche da parte dell’Autorità Giudiziaria che, mediante procedure più snelle e coordinate, dovrebbe riuscire a contemperare le esigenze dei creditori e quelle dell’imprenditore.